Il celebre fotografo Francis Meslet ha fotografato tra il 2012 e il 2020 "diverse centinaia di luoghi di culto dimenticati in tutta Europa. Questi luoghi - con il passare del tempo - hanno lasciato il posto al silenzio. Non riusciamo a sentire nient'altro che il fruscio del vento che penetra attraverso una vetrata rotta o il ritmo regolare di una goccia d'acqua che scende dal soffitto di una navata devastata. ... Nel suo tempo libero Francis Meslet gira il mondo, alla ricerca di luoghi in rovina, santuari in cui il tempo si è fermato dopo che l'uomo ne ha chiuso le porte. Ne riporta immagini suggestive, capsule del tempo che testimoniano un universo parallelo che favorisce il vagare della mente e l'interrogarsi ... Con il più grande rispetto per i fedeli che li hanno frequentati in passato, ci offre un'immersione in questi luoghi che la fede ha abbandonato, alla ricerca di uno splendore divino."
Reliquie non rovine La riscoperta delle chiese abbandonate
di Nicoletta Orlandi Post
di Nicoletta Orlandi Post
Cripte, chiostri, conventi caduti nell’oblìo tornano protagonisti nelle fotografie di Meslet Per otto anni è andato a cercarli in tutta Europa: la loro visita è un’esperienza metafisica
Contro ogni apparenza, i luoghi abbandonati non muoiono mai.
Nonostante il tempo porti avanti la propria opera -impassibile, insensibile, indifferente - vivono di una loro fisicità, diunaloro corposa e materiale consistenza che ha il potere di suscitare in chi li scopre emozioni profonde, metafisiche e finanche di appartenenza perché quei muri, scrostati, ricoperti di muffa o di erbe infestanti, sono pieni di tutte le vite di chi ci ha preceduto, delle lacerazioni delle guerre, della furia della natura e anche dell’insensibilità dell’uomo che li ha lasciati all’incuria piuttosto che preservarli.
I luoghi abbandonati suscitano anche un sentimento compassionevole in chi dà per per scontanto che così ridotti non abbiano più un senso.
E invece un senso ce l’hanno: un senso per sentirli e per capirli.
Soprattutto se si tratta di luoghi sacri come chiese, cripte, chiostri, conventi con i loro tetti scoperchiati, le vetrate frantumate, l’erba cresciuta sui pavimenti, gli affreschi sbiaditi, le statue ricoperte di muschi e licheni.
L’oblìo nel quale sono precipitati spinge l’immaginazione a riportarli alla vita originaria, a quando si sentivava il mormorio delle preghiere, la gioia dei canti religiosi.
O ancora prima: con i loro costruttori all’opera.
Possiamo risentire, i colpi di martello, le voci forti dei muratori, quelle degli artisti e dei vetrai che decorarono questi edifici.
Un’esperienza sofisticata e appagante che possiamo rivivere grazie al prezioso lavoro di Francis Meslet che in otto anni - tra il 2012 e il 2020 -ha fotografato diverse decine di luoghi dimenticati in tutta Europa.
Le suggestive immagini, raccolte nel volume Chiese abbandonate, luoghi di culto in rovina (edizioni Jonglez, 224 pagine, 18,95 euro anche in inglese, tedesco e francese) si susseguono come una storia che non ha alcuna voglia di concludersi, che caparbiamente vuole rimanere in vita nonostante l’abbandono: ed ecco quindi le statue aggrappate alla loro stele in un edificio religioso del XIII secolo in Nuova Aquitania (Francia), un enorme organo dimenticato in una chiesa belga, gli affreschi ancora luccicanti di una cappella lombarda o quelliconsumati dal tempo e dall’incuria in una chiesa del Trentino Alto Adige, un incredibile monastero umbro del XVII secolo completamente disabitato, una spettacolare cripta elicoidale in marmo, legno e metallo scovata in Portogallo.
E ancora: un chiostro ormai assalito dall’erba selvatica, un altare sbilenco, sagrestie dismesse, sedie sepolte dalla polvere, intere navate deserte.
Le foto di Meslet sono capsule del tempo che ci costringono a interrogare sulla nostra storia, sulla nostra cultura, sulle nostre credenze, paure e speranze.
Per i fedeli, che un tempo le vivevano, quelle chiese sembravano un un rifugio immutabile, indistruttibile.
La pratica religiosasembrava naturale e sarebbe durata finché gli uomini avessero calpestato la terra.
E invece oggi sono ridotte a reliquie che però, come scrive Christian Montesinos nella prefazione, aprono le porte del tempo e dell’infinito, testimoniando la nostra capacità di superare noi stessi.
«Questa», puntualizza, «è la più grande gloria per questi edifici ora trascurati. Chiese e cappelle abbandonate perseguono il destino che i loro costruttori avevano promesso loro: essere il vascello delle anime eanche se le loro ultime pietre fossero sepolte sotto l’humus, rimarranno per sempre ciò che erano realmente. Sono luoghi di umiltà e fede, costruiti dagli uomini per gli uomini».
Il libro di Meslet è arricchito anche da brevi testi che descrivono le sensazioni di fronte alla scoperta. Comequella di Lilyane Beauque entrata in un chiostro del XIV in Occitania. «Ogni luogo», scrive, «è il luogo di una proiezione, in un’immagine, un’infinità di immagini fra cui questa: un luogo candido senza campane che tintinnano, né preghiere silenziose, dove riemergono la possibilità e l’impazienza, il desiderio e la tenerezza, la nascita e la fine».
Nonostante il tempo porti avanti la propria opera -impassibile, insensibile, indifferente - vivono di una loro fisicità, diunaloro corposa e materiale consistenza che ha il potere di suscitare in chi li scopre emozioni profonde, metafisiche e finanche di appartenenza perché quei muri, scrostati, ricoperti di muffa o di erbe infestanti, sono pieni di tutte le vite di chi ci ha preceduto, delle lacerazioni delle guerre, della furia della natura e anche dell’insensibilità dell’uomo che li ha lasciati all’incuria piuttosto che preservarli.
I luoghi abbandonati suscitano anche un sentimento compassionevole in chi dà per per scontanto che così ridotti non abbiano più un senso.
E invece un senso ce l’hanno: un senso per sentirli e per capirli.
Soprattutto se si tratta di luoghi sacri come chiese, cripte, chiostri, conventi con i loro tetti scoperchiati, le vetrate frantumate, l’erba cresciuta sui pavimenti, gli affreschi sbiaditi, le statue ricoperte di muschi e licheni.
L’oblìo nel quale sono precipitati spinge l’immaginazione a riportarli alla vita originaria, a quando si sentivava il mormorio delle preghiere, la gioia dei canti religiosi.
O ancora prima: con i loro costruttori all’opera.
Possiamo risentire, i colpi di martello, le voci forti dei muratori, quelle degli artisti e dei vetrai che decorarono questi edifici.
Un’esperienza sofisticata e appagante che possiamo rivivere grazie al prezioso lavoro di Francis Meslet che in otto anni - tra il 2012 e il 2020 -ha fotografato diverse decine di luoghi dimenticati in tutta Europa.
Le suggestive immagini, raccolte nel volume Chiese abbandonate, luoghi di culto in rovina (edizioni Jonglez, 224 pagine, 18,95 euro anche in inglese, tedesco e francese) si susseguono come una storia che non ha alcuna voglia di concludersi, che caparbiamente vuole rimanere in vita nonostante l’abbandono: ed ecco quindi le statue aggrappate alla loro stele in un edificio religioso del XIII secolo in Nuova Aquitania (Francia), un enorme organo dimenticato in una chiesa belga, gli affreschi ancora luccicanti di una cappella lombarda o quelliconsumati dal tempo e dall’incuria in una chiesa del Trentino Alto Adige, un incredibile monastero umbro del XVII secolo completamente disabitato, una spettacolare cripta elicoidale in marmo, legno e metallo scovata in Portogallo.
E ancora: un chiostro ormai assalito dall’erba selvatica, un altare sbilenco, sagrestie dismesse, sedie sepolte dalla polvere, intere navate deserte.
Le foto di Meslet sono capsule del tempo che ci costringono a interrogare sulla nostra storia, sulla nostra cultura, sulle nostre credenze, paure e speranze.
Per i fedeli, che un tempo le vivevano, quelle chiese sembravano un un rifugio immutabile, indistruttibile.
La pratica religiosasembrava naturale e sarebbe durata finché gli uomini avessero calpestato la terra.
E invece oggi sono ridotte a reliquie che però, come scrive Christian Montesinos nella prefazione, aprono le porte del tempo e dell’infinito, testimoniando la nostra capacità di superare noi stessi.
«Questa», puntualizza, «è la più grande gloria per questi edifici ora trascurati. Chiese e cappelle abbandonate perseguono il destino che i loro costruttori avevano promesso loro: essere il vascello delle anime eanche se le loro ultime pietre fossero sepolte sotto l’humus, rimarranno per sempre ciò che erano realmente. Sono luoghi di umiltà e fede, costruiti dagli uomini per gli uomini».
Il libro di Meslet è arricchito anche da brevi testi che descrivono le sensazioni di fronte alla scoperta. Comequella di Lilyane Beauque entrata in un chiostro del XIV in Occitania. «Ogni luogo», scrive, «è il luogo di una proiezione, in un’immagine, un’infinità di immagini fra cui questa: un luogo candido senza campane che tintinnano, né preghiere silenziose, dove riemergono la possibilità e l’impazienza, il desiderio e la tenerezza, la nascita e la fine».